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TIPOLOGIA: Film

TEMA: Sordo-cecità 

TITOLO: “Anna dei miracoli”

DURATA: 106 min

REGIA: Arthur Penn

CAST: Anne Bancroft, Patty Duke, Victor Jory, Inga Swenson, Andrew Prine, Kathleen Comegys…

GENERE: Biobrafico, drammatico

CLASSIFICAZIONE: 🟢 *

TRAMA

Helen Keller è cieca e sorda fin da piccola, e viene cresciuta dai genitori Kate e Arthur che assecondano ogni suo capriccio: mangiare con le mani e distruggere gli oggetti di casa, per esempio.

Pur amandola molto, il padre e il fratellastro non riescono più a sopportarla pensando addirittura di chiuderla in un centro, ma le disperate richieste della madre li convincono a contattare una persona esperta che cerchi di occuparsi della scatenata Helen: da Boston arriva così una giovane donna, Anne Sullivan, alle prime armi ma molto determinata a dare una svolta radicale alla vita disordinata della ragazzina…

COMMENTO PERSONALE **

Prima di iniziare questa recensione dobbiamo assolutamente ricordare che si tratta di un film dei primi anni ‘60, ed è proprio con questa “lente” che dobbiamo guardare tutta la pellicola: sebbene da un lato possiamo subito notare le problematiche culturali di quel tempo in relazione alla disabilità (mostrate per esempio nella rappresentazione quasi «comica» con la quale viene scoperta la sordo-cecità di Helen, ma anche nel modo in cui la madre si rapporta a lei nei suoi primi anni di vita, fino alle riprese angoscianti durante il suo brancolare nei momenti di “gioco” – sempre accompagnate da una musica drammatica – o dal linguaggio totalmente scorretto del padre che addirittura sostiene di provare “pena” verso la figlia), dall’altro lato tutto ciò può essere visto come un’attuale caricatura di denuncia di quell’approccio, in modo da superare una certa narrazione pietistica e compassionevole, ma soprattutto brutalmente discriminatoria.

Il modo in cui le persone si rapportano alla bambina (la quale viene rappresentata, calcando certi stereotipi, in modo animalesco e selvaggio per enfatizzare una disabilità cognitiva che di fatto nemmeno c’è ma che rappresenta un mondo isolato dal resto del mondo), soprattutto il padre e il fratellastro intolleranti per la sua difficile gestione, è appunto lo specchio realistico di un’epoca in cui i disabili non solo non venivano compresi ma perfino emarginati all’interno della propria famiglia: accogliere certe difficoltà e supportarle era senz’altro una forma di avanguardia non alla portata di tutte e di tutti, e questo si riflette nella conflittualità costante tra il padre e la madre di Helen. Solo la donna prima e Anna dopo, infatti, crederanno davvero nella possibilità di riabilitazione della ragazzina, non senza particolare sofferenza e struggimento, tanto che ottenuti risultati il traguardo raggiunto appare “miracoloso”. 

Molto brava, a parer mio, l’attrice Anne Bancroft, anche se come ho già anticipato il rischio è quello di enfatizzare troppo la sordo-cecità, facendola passare necessariamente come una grave forma di disabilità cognitiva attraverso i suoi comportamenti primordiali. Tutto ciò viene volutamente amplificato da un’atmosfera cupa e inquietante, fatta di molti silenzi e da un ritmo estremamente lento in più parti del film (cosa che non ho particolarmente apprezzato, pur comprendendone il senso).

In sostanza “Anna dei miracoli” ci pone davanti a un dubbio: questo film si fa portavoce convinto di ciò che è stato (di sbagliato) oppure ce lo mostra come forma di divulgazione e di denuncia affinché quello che abbiamo visto non avvenga più?

Credo che spetti a noi dare un senso corretto al lavoro di Arthur Penn: l’inevitabile disagio che questo film ci provoca, per quanto sopra le righe, dovremmo a parer mio accoglierlo e farlo nostro come rappresentazione concreta della disabilità, al di là del comunque lieto finale che dimostra come una forma di contatto e di “comunicazione” la si possa sempre trovare, oltre qualsiasi muro fisico, sociale e culturale, pur senza sconfiggere la tristezza alla quale l’esistenza a volte ci condanna.

  • PRO: Buona rappresentazione di alcune problematiche sociali e culturali di quel tempo, atmosfera inquieta e cupa ben riuscita, bravura protagonista per quanto sopra le righe.
  • CONTRO: Un po’ troppo lento, rischio di enfatizzare eccessivamente alcuni stereotipi.

* LEGENDA CLASSIFICAZIONE:
🔴 = parla di disabilità in modo totalmente sbagliato (con pietismo, compassione, «inspiration porn» o eccessiva «romanticizzazione») e inoltre ha una pessima trama, banale o emotivamente ruffiana, facendo leva sulla pancia del pubblico;
🟡 = parla di disabilità non del tutto correttamente a livello concettuale ma ha una trama molto piacevole, emozionante, divertente o con punti interessanti (insomma, rappresenta comunque un buon prodotto di intrattenimento, così godibile però da non far pensare allo spettatore medio che quello che sta guardando non è proprio inclusivo);
🟢 = parla di disabilità in modo perfetto e ha pure una storia che funziona, accattivante, riuscendo a coinvolgere e a emozionare chi guarda in modo “sano”, senza ricorrere a un pietismo dannoso.

** DISCLAIMER:
Ogni commento a film, docu e serie TV è puramente personale: l’analisi sul fronte “inclusione” si fonda sempre su uno studio multidisciplinare ed esperienza professionale, mentre non c’è alcuna intenzione di dare pareri tecnici cinematografici, non avendo specifiche competenze in materia. Ricordo inoltre che l’arte resta ovviamente in gran parte soggettiva, perciò tutte le altre opinioni (compreso quelle divergenti) meritano rispetto e sono valide, basandosi sulle proprie emozioni. Fanno parte di questa lista quei titoli entrati nella grande distribuzione come Cinema, Netflix o Amazon Video; sono quindi escluse opere, soprattutto amatoriali, che sarebbero invece difficilmente reperibili.