TIPOLOGIA: Film
TEMA: Disabilità fisica (paralisi)
TITOLO: “Io prima di te”
DURATA: 110 min
REGIA: Thea Sharrock
CAST: Sam Clafin, Emilia Clarke, Matthew Lewis, Charles Dance, Jenna Coleman, Steve Peacocke, Janet McTeer, Brendan Coyle, Samantha Spiro, Ben Lloyd-Hughes…
GENERE: Drammatico, sentimentale
CLASSIFICAZIONE: 🔴 *
TRAMA
“Io prima di te” racconta di Louisa Clark, ventiseienne che vive con la madre, il padre, la sorella, il nipotino e il nonno in una zona periferica di campagna. Quando viene licenziata dal locale in cui lavorava da anni, si ritrova presso la famiglia Traynor a fare l’assistente per il figlio Will, trentunenne in sedia a rotelle a causa di un incidente che lo ha reso paralizzato.
In quell’ambiente pieno di ricchezza e agio, Louisa scopre che dietro l’apparenza Will nasconde un animo sensibile, semplicemente ferito dalla mancanza della vita piena ed emozionante che conduceva prima dell’incidente. Questa sofferenza fa decidere a Will, in accordo coi propri genitori, di darsi un’ultima possibilità di sei mesi dopo i quali, se ancora insoddisfatto, avrebbe ricorso al suicidio assistito in Svizzera.
Così, l’eccentrica ed energica Lou, si impone di dimostrare a Will la bellezza della vita, anche della sua, comunque degna di essere vissuta nonostante le mancanze, i limiti e i dolori fisici che lo attanagliano.
COMMENTO PERSONALE **
Faccio una premessa doverosa: ogni tipo e grado di dolore è sempre valido e merita rispetto. Nonostante questo, è indubbio che chi ha sempre avuto una vita fortunata, senza particolari disagi, non sia abituato alla sofferenza e per questo tenda ad amplificare con maggiore intolleranza ciò che di brutto gli accade, anche se per altri è di poco conto.
Questo non vuol dire negare che Will stia davvero male, ma la sua scelta di ricorrere all’eutanasia (per quanto legittima e da rispettare) può essere percepita come egoistica e semplicistica, tanto è affrettata, presa in una fase in cui la situazione del ragazzo può essere considerata ancora dignitosa.
Il mio non vuole essere un giudizio morale in senso assoluto sull’eutanasia, che ritengo uno strumento fondamentale di democrazia e autodeterminazione, ma una critica verso una storia d’amore trita e ritrita: posso comprenderne la forte presa emotiva che ha sul grande pubblico, dandole il merito di saper coinvolgere, ma non posso ignorare il fatto che sia piena di luoghi comuni tipici della filmografia peggiore sulla disabilità, come il fatto che nella coppia mista il partner “abile” sia Lei (sindrome da crocerossina?) che si innamora perdutamente di Lui “disabile” (guai a parlare di una storia di solo sesso, guai, servono per forza i sentimenti – e pure belli forti – per andare “oltre” una carrozzina). Una Lei che è stereotipata anche nel carattere: impacciata quanto basta, ma ironica ed estroversa, ai limiti del petulante, caratteristiche notoriamente indispensabili per poter superare il muro della disabilità e rapportarsi con il diverso, come se per “sopportare” la disabilità ci debbano volere delle persone “strane”, e per questo in grado di attirare subito la simpatia del pubblico.
Il problema vero di “Io prima di te” però non è Lou, che per fortuna decide di stare accanto all’uomo di cui è innamorata a prescindere da cosa possa o non possa fare in senso fisico, dimostrandosi per niente superficiale (e in questo, tanto di cappello a lei!), ma come già accennato sono Will e la sua costante ripicca: stiamo parlando del classico uomo d’affari che non ha la benché minima idea di cosa sia una barriera architettonica o sociale, semplicemente perché inserito in una narrazione comoda e di impatto ma lontanissima dalla realtà vera di chi deve lottare ogni giorno per una quotidianità il più agevole possibile. Errore immenso, prevedibile, che lascia il realismo fuori dalla storia a causa dell’agio e della ricchezza che fanno da cornice fino alla fine. Un aspetto, questo, che mi ha reso Will antipatico da subito, e non perché comprensibilmente arrabbiato con il mondo visto ciò che gli è stato tolto, quanto perché, diciamocelo, questa cosa del miliardario viziatello che sceglie l’eutanasia perché è la strada più semplice rispetto a quella di affrontare con maggior decisione la propria condizione, spalancandosi comunque alla meraviglia quotidiana, ha un po’ stancato. Ed è l’insegnamento peggiore che si possa dare, per giunta se viene spacciato come atto d’amore, come sacrificio ultimo per la felicità di chi ci è accanto.
L’eutanasia, infine, trovo che in questo caso venga banalizzata e semplificata, sminuendo un aiuto fondamentale e torno a ripeterlo, ognuno ha tutto il diritto di dare il valore che crede giusto alla propria vita, così come di scriverne il finale che preferisce, ma se è vero che possiamo farci sconvolgere dalla disabilità, è anche vero che abbiamo il dovere di almeno provare a trovare nuove prospettive attraverso le quali poter apprezzare ciò che ci circonda, perché ci sono migliaia di persone, ogni giorno, che hanno scelto di toccare il fondo affinché il sapore di ogni minima conquista sia dopo più dolce o più serena, anche fosse il ricorso alla stessa scelta di Will.
Ecco perché “Io prima di te” sputa negli occhi a chi una seconda vita come quella di Will avrebbe tanto voluto poterla avere, nonostante tutto, anziché cestinarla in pochi mesi per ripicca quando c’era ancora tanto margine da poter vivere con tutti gli strumenti e i supporti necessari. E invece l’egoismo del protagonista è quanto di più deleterio ci possa essere, perché oscura la reale bellezza dell’essere umano, quello fragile e incerto, assai lontano dall’idea di superuomo che, appunto, sta bene solo dentro a un cinema per consumare lacrime e fazzoletti. Ma il miracolo della vita non è racchiuso in un “prima” o in un “dopo” né in qualche gerarchia, perché solo accanto, “io insieme a te”, si ama davvero. Ed è questa la vera perfezione, un “noi” conquistato faticosamente a prescindere da tutto, tra mille rocambolesche capriole. L’unico vero atto d’amore degno di qualsiasi gran finale.
- PRO: Il tema quasi centrale è l’eutanasia, e a prescindere dal come per me è sempre bene parlarne in quanto rappresenta uno dei diritti fondamentali per l’autodeterminazione.
- CONTRO: La situazione comunque privilegiata di Will, escluso il dolore fisico, rende la storia molto poco aderente alla realtà di una persona con disabilità, che quasi mai ha le possibilità del protagonista.
* LEGENDA CLASSIFICAZIONE:
🔴 = parla di disabilità in modo totalmente sbagliato (con pietismo, compassione, «inspiration porn» o eccessiva «romanticizzazione») e inoltre ha una pessima trama, banale o emotivamente ruffiana, facendo leva sulla pancia del pubblico;
🟡 = parla di disabilità non del tutto correttamente a livello concettuale ma ha una trama molto piacevole, emozionante, divertente o con punti interessanti (insomma, rappresenta comunque un buon prodotto di intrattenimento, così godibile però da non far pensare allo spettatore medio che quello che sta guardando non è proprio inclusivo);
🟢 = parla di disabilità in modo perfetto e ha pure una storia che funziona, accattivante, riuscendo a coinvolgere e a emozionare chi guarda in modo “sano”, senza ricorrere a un pietismo dannoso.
** DISCLAIMER:
Ogni commento a film, docu e serie TV è puramente personale: l’analisi sul fronte “inclusione” si fonda sempre su uno studio multidisciplinare ed esperienza professionale, mentre non c’è alcuna intenzione di dare pareri tecnici cinematografici, non avendo specifiche competenze in materia. Ricordo inoltre che l’arte resta ovviamente in gran parte soggettiva, perciò tutte le altre opinioni (compreso quelle divergenti) meritano rispetto e sono valide, basandosi sulle proprie emozioni. Fanno parte di questa lista quei titoli entrati nella grande distribuzione come Cinema, Netflix o Amazon Video; sono quindi escluse opere, soprattutto amatoriali, che sarebbero invece difficilmente reperibili.