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TIPOLOGIA: Film

TEMA: Disabilità fisica (paraplegia)

TITOLO: “Corro da te”

DURATA: 113 min

REGIA: Riccardo Milani

CAST: Miriam Leone, Pierfrancesco Favino, Pilar Fogliati, Vanessa Scalera, Piera Degli Espositi, Carlo Luca De Ruggieri, Eleonora Nomandini, Pietro Sermonti, Andrea Pennacchi, Michele Placido, Giulio Base…

GENERE: Commedia, sentimentale

CLASSIFICAZIONE: 🔴 *

TRAMA

In “Corro da te”, remake del film francese “Tutti in piedi” (Tout le monde debout) di Franck Dubosc, il protagonista è Gianni, un importante uomo d’affari affermato nella vita e nelle sue continue relazioni fugaci. Alla morte di sua madre si trasferisce nel suo appartamento dove conosce la nuova vicina, Alessia, che vorrebbe come al suo solito conquistare, ma questa a causa di un malinteso crede che Gianni sia una persona con disabilità e così gli offre la sua assistenza: Gianni, come prevedibile, se ne approfitta decidendo di stare al gioco, fingendosi davvero in carrozzina.

Dopo un po’ di tempo Alessia gli presenta sua sorella Chiara: musicista classica e tennista paraplegica. Anche stavolta, per orgoglio personale, Gianni prova a mettere in atto il suo lato da Don Giovanni riuscendo a portarsi a letto anche quest’ultima, vantandosene con i propri amici, ma quando Alessia, scoprendo la verità sul suo stato fisico, lo minaccia di raccontare tutto a sua sorella se non l’avesse fatto lui, Gianni comprende di essersi davvero innamorato questa volta, prendendo anche coscienza dei propri errori.

COMMENTO PERSONALE **

Per apprezzare davvero a fondo “Corro da te” dovrei spegnere completamente il cervello, o quantomeno la mia parte da attivista, e mi godrei una sceneggiatura leggera e divertente, piena di ingredienti vincenti, come il finale romantico che fa sempre presa sul grande pubblico, figuriamoci quando si parla di disabilità. Il film meriterebbe anche soltanto per l’epica scena del bagno nella piscina di casa del protagonista (che non spoilero, ma che effettivamente è un colpo di fantasia notevole). Da tutto questo, ne verrebbe fuori un film di discreto successo, degno di essere consigliato, magari addirittura proiettato nelle scuole con l’obiettivo di divulgare messaggi importanti, come quello che l’amore “va oltre” una carrozzina, o come l’invito a non essere mai superficiali.

Purtroppo però il mio giudizio su “Corro da te” è un altro. La leggerezza e l’ironia sono troppo spesso superficialità, gli ingredienti predominanti risultano pietismo e compassione, portandoci subito a empatizzare con la “povera” Chiara, mentre il finale romantico non è altro che un contenitore di luoghi comuni: lui che alla fine diventa “bravo” perché riesce ad “accettare” lei; Chiara che perdona Gianni e si accontenta del suo amore a scoppio ritardato perché in fondo lei è pur sempre disabile, e d’altronde ci vuole tempo per certe cose (e poi chi “se la prende” – come se fosse necessariamente un peso – una persona con disabilità??); i commenti degli amici pregni di moralismo in difesa di lei senza nemmeno conoscerla (che poi vorrei vederli tutti loro al posto di Gianni se si sarebbero innamorati); oppure il paternalismo di Alessia che quasi infantilizza la sorella tanto è protettivo, e così via.

Chiara, poi, eccelle in tutto: nella musica, nello sport, perfino nell’estetica da quanto è bella, e alla fine si rivelerà più furba e intelligente del previsto, conquistandosi definitivamente l’affetto del pubblico. Un escamotage per amplificare il contrasto con quella carrozzina che nell’immaginario comune è limitante (“nonostante la disabilità” lei fa un sacco di cose e le fa pure bene), anziché essere uno strumento di libertà e indipendenza dinamico come, in questo caso, chi ci è seduta sopra. Ma ciò serve anche a rendere più semplice la narrazione, perché far innamorare Gianni di una brutta spastica bavosa (scusate il mio essere diretto, al diavolo il perbenismo!) sarebbe stato decisamente più complesso, diciamocelo. O per qualcuno, addirittura più “coraggioso”, perché d’altronde, “si sa”, ci vuole coraggio a stare con una persona con disabilità in una coppia mista.

E invece non ce ne vuole affatto a parlare di disabilità come si è scelto di fare in “Corro da te” (e ancor prima in “Tutti in piedi”, che non sposta di una virgola il risultato). Pure il politicamente corretto Gianni, sciupafemmine doc, risulta poco credibile immaginandoci già dove andrà a parare il film e quale sarà il lieto finale.

E se è vero che lei salva lui dal suo mondo cinico e freddo, rendendolo in un certo senso “migliore” (anche qui, siamo sicuri che una persona sia davvero migliore solo perché si è avvicinata alla disabilità? E perché dovrebbe essere proprio la disabilità a migliorare? D’altronde esistono anche persone disabili antipatiche, oppure più stronze di Gianni!), perché mai dovremmo accettare allo stesso modo il fatto che lui salvi lei, come si vuole fare intendere? Salvarla da cosa, poi? (Forse, dalla solitudine o dalla tristezza, altri due tratti associati a una disabilità stereotipata). Di certo, non dal suo essere disabile, che è irrimediabile. Perché dunque si deve ancora una volta scadere in certi luoghi comuni?

Quindi no, non basta una carrozzina su una locandina e una donna disabile forte e bella, in grado di “distruggere” le malsane sicurezze di un uomo, per definirlo una favola romantica paritaria e inclusiva. “Corro da te” rappresenta un contenuto pop, sicuramente molto godibile, ma che di utile all’inclusione ha ben poco, in quanto ancora una volta approssimativo di una realtà ben diversa, e terreno minato di tutto ciò che dovremmo evitare per normalizzare certe situazioni.

  • PRO: Il film è divertente, sa intrattenere con la giusta ironia mai volgare, e poi Favino è sempre meraviglioso, così come la Leone ha saputo interpretare dignitosamente il personaggio di Chiara. Infine, ribadisco, epica la scena della piscina, che ha saputo convincere anche il mio lato romantico.
  • CONTRO: Vuole palesemente essere un film sulla disabilità, ma non si parla veramente di inclusione, o almeno lo si fa in modo totalmente sbagliato, alimentando pietismo e compassione, ma soprattutto rafforzando certi stereotipi e luoghi comuni. Da vedere, quindi, solo se realmente consapevoli di ciò che è e, soprattutto, di come dovrebbe essere.

* LEGENDA CLASSIFICAZIONE:
🔴 = parla di disabilità in modo totalmente sbagliato (con pietismo, compassione, «inspiration porn» o eccessiva «romanticizzazione») e inoltre ha una pessima trama, banale o emotivamente ruffiana, facendo leva sulla pancia del pubblico;
🟡 = parla di disabilità non del tutto correttamente a livello concettuale ma ha una trama molto piacevole, emozionante, divertente o con punti interessanti (insomma, rappresenta comunque un buon prodotto di intrattenimento, così godibile però da non far pensare allo spettatore medio che quello che sta guardando non è proprio inclusivo);
🟢 = parla di disabilità in modo perfetto e ha pure una storia che funziona, accattivante, riuscendo a coinvolgere e a emozionare chi guarda in modo “sano”, senza ricorrere a un pietismo dannoso.

** DISCLAIMER:
Ogni commento a film, docu e serie TV è puramente personale: l’analisi sul fronte “inclusione” si fonda sempre su uno studio multidisciplinare ed esperienza professionale, mentre non c’è alcuna intenzione di dare pareri tecnici cinematografici, non avendo specifiche competenze in materia. Ricordo inoltre che l’arte resta ovviamente in gran parte soggettiva, perciò tutte le altre opinioni (compreso quelle divergenti) meritano rispetto e sono valide, basandosi sulle proprie emozioni. Fanno parte di questa lista quei titoli entrati nella grande distribuzione come Cinema, Netflix o Amazon Video; sono quindi escluse opere, soprattutto amatoriali, che sarebbero invece difficilmente reperibili.