TIPOLOGIA: Film
TEMA: Ipovedenza
TITOLO: “Anatomia di una caduta”
DURATA: 150 min
REGIA: Justine Triet
CAST: Sandra Hüller, Swann Arlaud, Milo Machado Graner, Antoine Reinartz, Samuel Theis, Jehnny Beth, Saadia Bentaïeb, Camille Rutherford, Anne Rotger, Sophie Fillières…
GENERE: Thriller
CLASSIFICAZIONE: 🟢 *
TRAMA
Sandra e Samuel vivono da un anno in una remota località di montagna, insieme al loro figlio di 11 anni Daniel, ipovedente. Sandra è una nota scrittrice, e un giorno è a colloquio con una studentessa per un’intervista, interrotta però dal volume molto alto della musica ascoltata dal marito in un’altra stanza. Poco dopo Samuel viene trovato morto ai piedi della casa, verosimilmente precipitato dal balcone. Così Sandra diventa sospettata per omicidio…
COMMENTO PERSONALE **
Sebbene non sia un film specifico sulla disabilità ho voluto comunque inserirlo nella lista proprio perché l’ipovedenza che caratterizza uno dei protagonisti principali viene trattata in modo spontaneo, senza essere enfatizzata in modo caricaturale, per quanto comunque sia piuttosto centrale dato che da essa dipende, in parte, sia il senso di colpa e di responsabilità che provava la vittima (Samuel) sia l’approccio con il quale vengono svolte le indagini sulla sua morte, inevitabilmente condizionate dalle difficoltà, ma anche dalle risorse sensoriali, di Daniel.
Di negativo non ho niente da segnalare, anzi: ho trovato straordinaria l’interpretazione del giovane Milo Machado Graner (così come di Sandra Hüller), inscenando un ragazzino brillante che si rivelerà più maturo, e quindi decisivo, del previsto, con un finale che sebbene resti aperto ai dubbi ci lascia straziati nella sua scelta, fatta non tanto per amore (e ancor meno convinzione) quanto per ottenere finalmente un briciolo di disperata serenità.
Degna di menzione è la scena in cui il cane di Daniel si sente male a causa del suo “esperimento”: da qui in poi ogni momento si fa struggente e inquieto, portandoci a empatizzare prima di tutto con il ragazzo.
“Anatomia di una caduta” è dunque un thriller appassionante che consiglierei a prescindere, non per parlare di disabilità in modo totalizzante ma per “toccarla” come dovrebbe essere, una mera caratteristica di una storia ben sviluppata.
- PRO: Corretta narrazione della disabilità senza incentrare la storia in modo forzato su di essa.
- CONTRO: Nessuno in particolare.
* LEGENDA CLASSIFICAZIONE:
🔴 = parla di disabilità in modo totalmente sbagliato (con pietismo, compassione, «inspiration porn» o eccessiva «romanticizzazione») e inoltre ha una pessima trama, banale o emotivamente ruffiana, facendo leva sulla pancia del pubblico;
🟡 = parla di disabilità non del tutto correttamente a livello concettuale ma ha una trama molto piacevole, emozionante, divertente o con punti interessanti (insomma, rappresenta comunque un buon prodotto di intrattenimento, così godibile però da non far pensare allo spettatore medio che quello che sta guardando non è proprio inclusivo);
🟢 = parla di disabilità in modo perfetto e ha pure una storia che funziona, accattivante, riuscendo a coinvolgere e a emozionare chi guarda in modo “sano”, senza ricorrere a un pietismo dannoso.
** DISCLAIMER:
Ogni commento a film, docu e serie TV è puramente personale: l’analisi sul fronte “inclusione” si fonda sempre su uno studio multidisciplinare ed esperienza professionale, mentre non c’è alcuna intenzione di dare pareri tecnici cinematografici, non avendo specifiche competenze in materia. Ricordo inoltre che l’arte resta ovviamente in gran parte soggettiva, perciò tutte le altre opinioni (compreso quelle divergenti) meritano rispetto e sono valide, basandosi sulle proprie emozioni. Fanno parte di questa lista quei titoli entrati nella grande distribuzione come Cinema, Netflix o Amazon Video; sono quindi escluse opere, soprattutto amatoriali, che sarebbero invece difficilmente reperibili.